lunedì 15 dicembre 2008

L'enigma del tre

Entrai nell'ampia sala con cautela, era buio e non vedevo nemmeno il pavimento dove stavo poggiando i piedi. Sapevo già che avrei trovato tre scrigni, sapevo cosa conteneva ciascuno di essi e sapevo anche che avrei dovuto scegliere tra due soltanto, visto che del terzo avevo già aperto un piccolo spiraglio parecchio tempo prima, senza riuscire ad appropriarmi appieno del suo contenuto, lasciandolo infine lì dov'era. Un tempo avrei fatto di tutto per possederlo, adesso non rientrava più nei miei desideri.

Avanzavo lentamente, dando il tempo ai miei occhi di abituarsi alla semioscurità. Il luogo era strano e sembrava disabitato da tempo, eppure sapevo benissimo che ogni giorno ci veniva molta gente. Alle pareti distinguevo le sagome dei quadri e percepivo sotto i miei piedi l'alternarsi del freddo del marmo al caldo dei tappeti. Spifferi gelidi investivano il mio volto senza preavviso, come se qualcuno avesse aperto una finestra in quel momento, mentre un attimo dopo sbuffi di aria calda mi colpivano al corpo, senza che io riuscissi a immaginarne la fonte.

Era passato molto tempo dall'ultima volta che ero stato là ma riconobbi immediatamente la direzione da prendere. Il varco era sempre ben nascosto eppure sotto gli occhi di tutti, mi sembrò impossibile che in tutto questo tempo nessun altro lo avesse scoperto; se qualcuno c'era riuscito aveva cancellato alla perfezione le tracce del proprio passaggio. Mi issai nella sala soprastante, immersa nella stessa penombra, attraversata da raggi di luce provenienti dalle fessure nel legno del soffitto che illuminavano le evoluzioni del pulviscolo atmosferico.

I tre scrigni erano lì, dove avevo trovato il terzo a suo tempo. Mi concentrai sui primi due, cercando di immaginare come avrei reagito non appena avessi scelto quale prendere e quale lasciare, ammesso che fossi riuscito nel mio intento.

Il primo scrigno era elegante, raffinato, con una citazione colta sul coperchio. Dentro, vi era un turbinìo di passione e voluttà invisibili dall'esterno, racchiuso in una pietra fredda che emanava una luce azzurrina, schermata dal suo contenitore. Dal secondo, invece, proveniva una forte luce rossa che filtrava attraverso ogni piccola apertura, ogni fessura, ogni forellino che ne interrompeva la perfezione. Il terzo era lì, ad un passo da me, ma non lo guardavo. Non desideravo rivederlo e non desideravo ricordare la storia che mi aveva portato al suo cospetto. Mi sforzai di concentrarmi sui primi due.

Sapevo che avrei dovuto sceglierne soltanto uno, perché prenderli tutti e due avrebbe significato rischiare di perderli entrambi. Nonostante questo non feci ciò che avrei dovuto ma mi limitai a fare ciò che potevo, ciò che rientrava nella mia natura. Con calcolata perfidia li presi entrambi, li sollevai da terra e li tenni alzati davanti a me, mentre un ghigno di soddisfazione piegava il mio sorriso. Consapevole della mia potenza, mi crogiolai al pensiero di ciò che mi attendeva nel momento in cui li avrei finalmente aperti. Concessi un ultimo sguardo cattivo allo scrigno abbandonato, il terzo, e mi voltai per percorrere a ritroso la strada che mi aveva portato fin là. Non era stato difficile, non fino ad allora, ed il meglio stava per arrivare.


Post scriptum: oggi mantengo la promessa fatta ad una mia amica di dedicarle un post. Ho scelto questo perché lei è riuscita ad insinuarsi, se pur con estrema discrezione, nella nostra vita senza sovvertire ciò che era prima o indispettire chi già ne faceva parte, non ponendo nessuno nella situazione di dovere effettuare delle scelte, ma integrandosi alla perfezione e ritagliandosi un posto d'onore.

mercoledì 19 novembre 2008

La galleria Zenovka

Chi, per avventura, si trovasse a passare per le terre Zenovka Castle potrebbe fare, impiegando un tempo ragionevole e non tale da costituire un serio intralcio al proprio viaggio, la visita del Castello.

Ho già accennato in passato alla mia dimora dicendo che è stata tirata su in meno di tre giorni ed è vero, ma tale poco tempo è stato sufficiente grazie alle dimensioni estremamente ridotte della costruzione, per essere un maniero. Eppure vi assicuro che se, da una parte, il pur poco spazio a disposizione non è stato ancora compiutamente arredato, dall'altra già nel progetto, finora realizzato pressocché per intero soltanto nella mia mente, vi sono molti più spazi di quelli che ad oggi si possono vedere.

Ad ogni modo, se doveste andarci, vi chiedo di fermarvi nel piano attualmente più basso, quello chiamato Museum, il terzo scendendo dalla "terra", dove è ospitata la galleria dei ritratti del mio tempo più antico, che accenna appena alle mie origini, diciamo quel tanto che serve a dispiegarle.

martedì 11 novembre 2008

Il Clan MacGregor

Motto: "'S Rioghal mo dhream" ("My race is royal", "Il mio sangue è blu"). Questo antico motto nasce per il fatto che, anticamente, uno dei primi Mac Gregor riuscì ad unire il popolo degli Scots con un altro dei primi popoli scozzesi e ad essere quindi il primo re degli scozzesi.

Nome Gaelico: Mac Grioghair
Simbolo: Pino
Urlo di guerra: Ard Choille! (The woody height!)
Musica con la cornamusa scozzese: Ruaig Ghlinne Freoine (Chase of Glen Fruin).


Nascita: è uno dei più antichi clan scozzesi, pare che la radice dell'albero genealogico inizi con Grigor (da cui appunto "Mac Gregor"), figlio di Alpin, re degli Scots intorno al 787 DC.

Guerrafondai e ladri: seguendo la tradizione tramandata fin da Gregor of Girig dell'antica dinastia del Clan Alpin, i MacGregor si aggrapparono con tenacia alla vecchia legge Celtica del clan, che predicava la difesa dei possedimenti con la spada, in barba alla "feudal charters" (statuto feudale), ottenuta attraverso il matrimonio o altri dubbi mezzi dai potenti vicini che avevano il favore del governo. Questi clan vicini, che erano a favore del governo, erano Campbells, Grahams e Colquhoune.
Dopo la sconfitta di quest'ultimo a Glen Fruin, nel 1603 (battaglia in cui i MacGregor vinsero nonostante fossero in minoranza, nel rapporto di 1 a 2), iniziò una lunga serie di vendette. A lungo i Mac Gregor mantennero i propri possedimenti con la forza, ma l'inimicizia dei clan vicini e le continue lotte fecero guadagnare loro la reputazione di guerrafondai. Durante questi conflitti i Campbell ottennero l'autorizzazione dal re ad appropriarsi delle terre dei Gregor e decreti severi contro i membri furono emanati, finchè, sempre nel 1603, James VI proclamò il clan fuorilegge, questo perchè i MacGregor, rimasti senza terre, erano costretti a rubare per sopravvivere, ed erano considerati un clan di ladri.

I maltrattamenti subiti: in seguito a questo proclama le persone appartenenti al clan vennero perseguitate, le loro terre furono ridistribuite ad altri clan, le armi gli vennero confiscate, il cibo rifiutato, solo un massimo di quattro uomini MacGregor poteva radunarsi in una sola volta e i clan che gli erano amici ottennero una diffida dall'aiutarli.
Anche il nome fu abolito perchè, secondo il re, avrebbe potuto condurre i membri del clan a "presumere il loro potere, forza e tenacia", e questo li avrebbe incoraggiati ad infrangere la legge. Il movimento produsse dei risultati, sebbene non immediatamente: un anno dopo il capoclan e 11 membri furono impiccati a Edimburgo. Una taglia di 1000 merks (un prezzo incredibile per quel periodo) fu messa sulle teste dei capi del clan, 100 merks per i membri minori, e c'erano perfino delle grazie speciali per un MacGregor che avesse portato la testa di un altro uomo del clan di eguale rango. La caccia proseguì e la crudeltà con cui veniva esercitata si intensificò nelle decadi successive. C'erano anche tentativi di violenza sulle donne ed i bambini Mac Gregor, nelle Lowlands. Le mogli dei Mac Gregor erano marchiate a fuoco sul viso.C'erano tuttavia alcuni clan che erano pronti a rischiare la vita per dare protezione ai Mac Gregor, e li aiutarono ad entrare in altri clan sotto falso nome.
Nella storia scozzese ci sono molti riferimenti al Clan Gunn come "MacGregors del Nord", perchè difesero le loro terre con "fuoco e spada", ed anche perchè erano visti come un clan feroce, ma questo Clan soffrì una grande ingiustizia, perchè fu catturato in un conflitto religioso tra i Cattolici del nord e i Protestanti d'Inghilterra; Henry VIII voleva trasformare la sua nazione in Protestante, per poter sposare 6 donne senza subire la scomunica. L'Inghilterra era determinata a liberarsi del supporto Cattolico al re di Scozia (di discendenza francese), della religione Cattolica e dei clan che ancora la supportavano.
Il governo inglese era molto duro con i clan che in passato avevano supportato il re cattolico (quasi ogni clan) e con l'aiuto di qualche clan, schierato a favore degli Orange, ci furono delle dure battaglie.
La Scozia era in subbuglio. Ancora oggi il ricordo di quelle angherie è vivo nel popolo scozzese.

Il miraggio di una rinascita: successivamente, durante la guerra civile (1642), i Mac Gregors combatterono per Charles I, figlio di James VI (vedi storia della Scozia), fu così che quando Charles II riuscì a tornare sul trono (1650 o 60) ridiede loro i privilegi che avevano anticamente perduto; tuttavia dopo l'intercessione di William of Orange (Guglielmo d'Orange), l'atto fu rinnovato, e durò fino al 1775.
Tra le persone che fecero delle pressioni per l'atto contro i MacGregor c'erano gli Argyll, leader di un gruppo di Campbell.
Con la crescita di potere degli altri Clans, come i Campbells, il Clan Gregor perse il proprio ruolo predominante, fino ad essere ridotto al ruolo di affittuari (tenant).
Trattati come affittuari, pagando una somma a degli estranei, i membri del clan erano anche obbligati ad astenersi dalle dispute tra clan e questo metteva non poco in difficoltà il capo, che era costretto ad assumersi, per il ruolo che rivestiva, la responsabilità di gente dispersa incontrollabilmente nelle lande.
Passarono gli anni ed i Mac Gregor continuavano a sopravvivere nell'ombra...

Rob Roy:
nel 1671 nasce Rob Roy, eroe leggendario e criticato, che era conosciuto come Campbell, (il nome da nubile di sua madre). Nonostante si facesse chiamare Campbell Rob Roy non aveva nulla da condividere con gli Argyll, infatti continuò a bersagliare i Campbell per tutto il periodo in cui i MacGregor erano considerati fuorilegge, per vendicarsi.
Il clan in guerra: Rob Roy combatté per James VIII alla prima rivolta Giacobita, nel 1715, e morì nel 1734. Il clan continuò a combattere a favore della dinastia Stuart, si unì al giovane Charles Edward Stuart (Bonnie Prince Charlie) durante la seconda rivolta Giacobita, nel 1745, contro Re George II. La rivolta fallì ed i Mac Gregors ripiombarono nella povertà e furono nuovamente fuorilegge, fino al 1774, quando furono lasciati in pace, in quanto la taglia che pendeva sulla testa del clan fu definitivamente tolta .

La fine di un calvario: non fu prima del 1774, che i secoli di persecuzione dei Mac Gregor terminarono ufficialmente, con la rimozione della taglia sulla testa di ogni membro del clan piazzata da James VI.Per provare che tutto era stato dimenticato davvero, nel 1822 e nel 1953 il clan ottenne un posto d'onore fra la scorta che trasportò gli 'Honours of Scotland'.


lunedì 20 ottobre 2008

Sesso e amore

La conobbi una sera in discoteca, almeno così mi sembra di ricordare, nel peregrinare lento e disordinato tra le lande di questa nostra terra, quando alternavo alla rinfusa viaggi in luoghi antichi e pericolosi a luna park post moderni pressoché deserti, visite a castelli da fiaba o vecchie cattedrali a locali all’ultimo grido pieni di gente alla moda, gite a spiagge da sogno e ben frequentate ad antri da tregenda popolati da mostri e terribili draghi.

In una discoteca ci trovammo a parlare come accade tra due connazionali che si incontrino in terra straniera e di lingua oscura; è difficile adesso riportare come ci “fiutammo” a sensazione ma, su questo, vi chiedo di credermi sulla parola.


Anche lei, come tutti noi, aveva ed ha più di una vita che si mischiano e finiscono con l’influire l’una nell’altra anche se, non vi sembri strano, sono l’una lontana e diversa dall’altra, per non dire all’opposto.

Un amore da una parte, lontano ed irraggiungibile e, per questo, malinconico ed infelice, una storia tormentata dove si avvicendano illusioni e disillusioni, la cui unica fonte di vita è rappresentata da segnali, timidi e blandi, di uno sperato interesse che tarda a manifestarsi pienamente.

Dall’altra parte un frenetico rincorrersi di storie fuggevoli e incontri di sesso, condividendo il piacere estremo di darsi senza freni, ricercando anzi nelle pieghe e nei risvolti del proprio desiderio il limite estremo per ricavarne il gusto di oltrepassarlo ancora una volta.

Non cadete nell’equivoco, l’una vita non è rivalsa dell’altra ma convivono ed entrambe sono volute e cercate, ciascuna risponde ad un suo bisogno: la voglia di sentirsi donna insieme a quella di sentirsi femmina. Per quanto un uomo possa capire, uno di questi due aspetti non può, da solo, ricomprendere l’altro; che poi si riescano a vivere con lo stesso uomo o con più d’uno è altra storia.


Ho lungamente conversato di questo con parecchie donne, non soltanto con l’amica di cui sto narrando; i punti di vista sono davvero sorprendenti e varrebbe la pena che ciascun uomo li conoscesse, che ciascuna donna sapesse che si possono esprimere senza cadere nei luoghi comuni dettati dall’ipocrisia, dal finto moralismo o dal pudore che teme il giudizio.

Nessuna di queste donne ha detto cose banali né me lo ha rimproverato ma tutte, in assoluta libertà, hanno saputo esprimere quanto sentivano dentro avvertendo, con piacere, di non essere giudicate ma soltanto ascoltate.

Mi piacerebbe davvero potere riportare qui la prova tangibile di ciò di cui sto parlando ma, ne sono certo, non riuscirei a farlo nel modo appropriato e non renderei giustizia ai pensieri che stanno dietro questi sentimenti. Ciò che posso fare è mettere questo spazio a disposizione della mia amica e di tutte le altre donne, che conosco o che non ho mai incontrato, che condividono o disprezzano questa tesi, per ospitare non solo i loro commenti ma anche gli scritti sull’argomento che vorranno affidarmi, per postarli in loro vece. Uomini vi suggerisco, per una volta, di ascoltare.

martedì 7 ottobre 2008

Avvenne di notte

Non è vero che tutte le notti sono uguali, a prescindere; alcune iniziano con un tramonto che porta già in sé i segni di ciò che sta per accadere. Non era passato molto tempo dacchè i Cavalieri di Malta, dei quali avevo l'onore e l'onere del comando, avevano giurato fedeltà all'Ordine e ricevuto i primi riconoscimenti quando il Consiglio decise di riunirsi.

Le adunanze mettevano insieme gli Owners di tutti i gruppi, quasi venti, che frequentavano quelle lande, riuniti in alleanze o divisi da odi antichi e feroci: vari Ordini cavallereschi di allineamento positivo, ai quali appartenevamo a quell'epoca, Maghi, Vampiri, Elfi, Valchirie e molti altri.

In occasione delle riunioni del Consiglio tutte le battaglie venivano sospese e, mentre il rappresentante supremo di ogni gruppo partecipava all'assemblea presieduta dalla Regina, tutti i guerrieri si trovavano nelle rispettive sedi ad attendere le novità e a ricordare i momenti più gloriosi della propria storia, ingigantendoli e vantandosene aiutati da grandi libagioni che inducevano tutti, uomini e donne, al buon umore ed alla speranza per il futuro.

Fu proprio in una notte simile, in un momento in cui speranza e apprensione si mischiano, che tutto avvenne rapidamente: un'offesa improvvisa, feroce e volgare, indirizzata verso il nostro Owner rimbalzò come una saetta dalle austere e fredde sale del Consiglio alle stanze del Castello dove noi Cavalieri eravamo riuniti. Alla meravigliata incredulità iniziale subentrò, lenta ma inesorabile, la consapevolezza che non si trattava di un eccesso mal temperato ma, piuttosto, del palesarsi di una congiura contro l'Ordine Crociato.

Tante sono le cose che si possono fare in casi come questi, tante quanti sono i pensieri che subito riempiono la mente. Di tante, purtroppo, non ne scegliemmo una soltanto e quella diventò la notte della divisione, ogni testa fece da tribunale e l'unità dei quattro gruppi si rivelò soltanto una vana illusione. Ciascuno fu lasciato libero di fare ciò che cuore e ragione gli suggerivano ma, come sovente accade in casi simili, la ragione dei singoli non compone quella del gruppo.

Il risultato fu che alcuni Cavalieri, indignati dall'accaduto e convinti che non vi fosse speranza di vittoria contro una corruzione talmente diffusa, presero armi e bagagli e seguirono il loro Owner alla ricerca di una nuova terra ed io fui tra questi; alcuni Cavalieri, animati da desiderio di rivincita e di riscossa, decisero di rimanere e di giocare il ruolo che il destino aveva loro riservato nelle terre che da sempre avevano amato; altri Cavalieri decisero di confluire in altri gruppi o di fondarne di nuovi, pur di rimanere in quella che sentivano casa loro; altri, infine, se ne andarono raminghi.

Il resto è un'altra storia o, meglio, tante storie, ciascuna delle quali meriterebbe di essere raccontata e non escludo di farlo in futuro, naturalmente per la parte che conosco; tuttavia sarò ben lieto di ospitare in queste pagine il contributo storico di coloro i quali fecero una scelta diversa dalla mia e che vorranno raccontarci che ne è stato del loro futuro.

Di una cosa porto ferma convinzione: che chiunque tra noi, anche coloro i quali andarono via sbattendo la porta, rechi con sé il fascino e la magia di quei tempi gloriosi e la nostalgia dei vecchi compagni, ché anche quella fu la nostra vita, per quanto a volte ci sembri talmente lontana da pensare di averla vissuta davvero in un'altra epoca.

sabato 4 ottobre 2008

Commenti amichevoli

Ebbene sì! qualcuno dei lettori, finora soltanto ipotizzati, si è palesato esprimendo commenti amichevoli sull'amicizia; inutile scrivere quanto piacere ci abbia fatto.

Dunque l'amicizia vive non soltanto nei fatti concreti e quotidiani che coinvolgono milioni di persone con amicizie che si riscoprono, si rinsaldano, si inventano, si tradiscono, si trasformano, si concludono ma anche come desiderio astratto di amicizia, come sentimento e necessità che aleggiano nell'aria e colpiscono tutti, volenti o nolenti.

Ciò che poi ciascuno di noi ne fa è storia propria.

martedì 23 settembre 2008

Storia d'arme e di amicizia

Ieri sera una mia amica, sempre alle prese con il tentativo di dipanare il groviglio che è la sua vita, a proposito di questo blog mi ha detto che non era interessata a conoscere la mia storia d'arme ma, piuttosto, voleva sapere come scorrevano davvero le mie giornate. E qui mi sono posto la domanda: ma come viene visto, anzi, ma come verrebbe visto questo blog nel caso in cui qualcuno lo leggesse? E già, perchè non mi ero affatto fatto questa domanda quando l'ho cominciato, visto che l'ho iniziato per me e non perchè lo leggessero altre persone.

Di sicuro non ho mai pensato, nè voluto, che fosse una storia d'arme, per cui mi affretto a tranquillizzare eventuali amici e conoscenti che avessero trovato la traccia per giungere fin qui: non vi leggerete resoconti di battaglie, di tamburi rullanti e di cornamuse, di bandiere e di cavalli.

O per lo meno non vi leggerete solo questo. Non lasciatevi trarre in inganno dalla presenza di stemmi, scudi e motti in latino o in gaelico; senza farsene dominare in qualcosa bisogna pur credere.

Tornando alla mia amica la invito a venire su queste pagine e, essendo dotata di notevole intelletto, magari anche a lasciare qualche contributo. Gliene saremo grati sia io che voi, eventuali frequentatori di cui ora posso sospettare l'esistenza.